di Franco Luxardo

1943-44: Zara viene distrutta e incendiata da 54 attacchi aerei anglo-americani. Archivi inglesi e pubblicazioni jugoslave hanno oramai confermato che furono richiesti dai partigiani di Tito, lo scopo era far sparire l’enclave di lingua e cultura italiana dalla costa orientale dell’ Adriatico. – Sotto le macerie scompaiono circa 2000 zaratini, ben 147 vengono fucilati o annegati nei primi mesi dopo l’entrata dei titini in città. – Gli altri si rifugiano prima nelle campagne in ricoveri di fortuna, poi – grazie all’ opera del Prefetto Serrentino – evacuano lentamente col piccolo piroscafo “Sansego” che ogni 15 giorni sfida i caccia inglesi e li trasporta verso l’Istria e Trieste. Altri ancora attraverso le isole e Lissa raggiungono la Puglia.
1945 : Al momento della pace circa 8000 sono ancora in una città con l’84% degli edifici annientati. Non è loro permesso venire via fino al Trattato di Pace ( 1947) e alle opzioni. – L’esodo continuerà a stillicidio fino al 1956. – Arrivando nell’Italia del dopoguerra, vengono sistemati in centri di raccolta profughi oppure accolti da parenti ed amici. Una parte emigra verso l’Australia o il Canada.
1953: uno zaratino visionario, Nerino Rismondo “Rime”, medico ad Ancona, con un gruppo di amici spera di tenerli uniti attraverso lo ZARA un giornaletto tirato a ciclostile. Così un giorno lancia l’idea di ritrovarsi a Venezia, la casa madre di tutti i dalmati. Pensava che venissero in pochi, ma in Piazza San Marco si ritrovano in settemila. Abbracci, lacrime, domande sugli assenti vivi o morti. E tante, tante ciacole. Erano quasi un terzo della popolazione anteguerra di Zara, un successo incredibile. – Quel giornale sarà la salvezza della comunità, i Raduni diventano annuali, ogni volta in una differente città d’Italia.
1963 – Nel decennale sono di nuovo a Venezia, questa volta con l’obiettivo di fare un passo avanti, di ricostituire un vero e proprio Comune. E così – primo fra tutte le comunità degli esuli – viene fondato il Libero Comune di Zara in Esilio, con il suo bravo Consiglio Comunale, la Giunta e un Segretario Generale. Le elezioni sono fatte per corrispondenza e nella Sala dello Scrutinio del Palazzo Ducale, gremita all’inverosimile, viene proclamato Sindaco l’ing. Guido Calbiani, all’epoca direttore generale della Lancia. – Saranno una grande coppia: Rime il cuore e la voce, Calbiani la mente. – I Raduni continuano e Calbiani li vuole pubblici (.. devono vederci e sapere che ci siamo.. insisteva): e di conseguenza in ogni città visite ufficiali a Prefetti e a Sindaci, inaugurazioni di lapidi, opuscoli celebrativi “Zara e Firenze”, “Zara e Padova”, ecc.
Rime a sua volta predica il ritorno in Dalmazia, il ritorno a casa. Magari da turisti, ma non mollare. Lui stesso fra i primi sul traghetto Ancona-Zara e la sua vecchia 600 contrabbanda casse e casse di santini, di breviari e di oggetti religiosi, destinati alle suore di Zara, che poi li distribuiscono a parroci e conventi di una Jugoslavia da trent’anni ufficialmente atea, dove chi andava in chiesa era “registrato”.
1975 – Calbiani farà in tempo a vivere e soffrire il Trattato di Osimo, scomparirà l’anno seguente. Seguiranno quali Sindaci l’avv. Giuseppe Ziliotto, lo stesso Rime e poi nel 1986 avrà inizio il ventennio di Ottavio Missoni. La sua simpatia buca gli schermi TV, la Jugoslavia presto crolla, i rapporti con i dalmati “rimasti” vengono riannodati, anzi il Libero Comune stimola la creazione delle nuove Comunità degli Italiani a Zara, a Spalato, a Cattaro, a Veglia, a Lesina.
Uno dei settori fondanti per il Libero Comune di Zara è la cultura, sia attraverso la collaborazione con le due Società Dalmate di Storia Patria di Venezia e di Roma, i loro convegni di studio e le rispettive pubblicazioni, che in proprio. Quello che forse colpisce di più è l’incredibile successo della raccolta di fondi lanciata su ZARA dal citato Rime e da Tullio Vallery per restaurare un palazzetto veneziano donato dalla famiglia Ivanovich alla Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone. Niente internet all’epoca né social né IBAN, è tutto basato sulla parola scritta, su assegni o contanti inviati per posta e su precisi resoconti resi pubblici mensilmente. Piovono centinaia, poi migliaia di donazioni – da 500 lire come da un milione – da dalmati sparsi in Italia e nel mondo. In 19 anni si raccoglie – senza aiuti pubblici ! – l’equivalente di 500.000 euro e, grazie a due uomini di buona volontà che guardavano lontano, la nostra comunità dispone oggi a Venezia di una biblioteca dotata di 15.000 titoli di argomento dalmata e di numerosi cimeli storici ed artistici.
Concludendo, vorrei sottolineare che la comunicazione – se realizzata con onestà e con tenacia – può portare anche oggi a positivi risultati. Auguro che accada lo stesso con il sito inaugurato oggi. E raccomando che, attraverso il nuovo sito, siano resi fruibili agli storici presenti e futuri due giornali fondamentali per conoscere la storia della sponda orientale dell’Adriatico: il DALMATA Antico, fondato nel 1866 e pubblicato senza interruzione fino al 1916 quando venne chiuso d’autorità dall’Austria. E lo ZARA che dal 1953 per oltre 40 anni ha segnato la vita di decine di migliaia di esuli dalmati sparsi nel mondo.
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